La Corte Europea ha dichiarato che, al contrario di quanto decise il Tribunale Ue nel 2016, l’Italia ha facoltà di recuperare l’Ici (si parla di una somma tra i 13 e i 14 miliardi) non versato -dal 2006 al 2011) da tutti quegli enti non commerciali che ospitano attività commerciali al loro interno (un ospedale con un bar, ad esempio o un’associazione culturale che vende libri). (Fonte)
Pare che la Chiesa sia fra questi e debba versare fra i 4 e i 5 miliardi.
Ma, al di là dell’Ici non pagata, la Chiesa gode di privilegi ben più grandi. In primo luogo l’acqua. Il Concordato prevede che lo Stato italiano provveda “che alla Città del Vaticano sia assicurata un’adeguata dotazione di acque”. Così tocca al Comune di Roma fornire acqua gratis al Vaticano attraverso la sua (oramai ex) municipalizzata Acea. Con la quotazione in borsa alla fine degli anni novanta, l’azienda decide di richiedere al Vaticano un risarcimento per 20 anni di servizio pari a 50 miliardi delle vecchie lire. Infatti, secondo Acea, il Concordato stabilisce che il Vaticano abbia diritto all’acqua gratuita ma non ai servizi accessori come l’allacciamento alla rete fognaria e alla manutenzione gratuita del sistema idrico nella sua interezza. (Fonte)
Chissà se sono sati pagati?