Per «tornare a crescere è indispensabile ma non sufficiente l’impegno tenace dei Paesi maggiormente in crisi. Le innovazioni comportano ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità»; e in questo senso si pone la questione «dell’integrazione politica della Ue». Lo ha affermato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il Presidente della Repubblica ha diffuso un videomessaggio in occasione del Convegno a Napoli della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro.
Cosa aspettiamo a mettere questo Presidente in stato di accusa?
Per alto tradimento (l’intesa con Stati esteri) o attentato alla Costituzione (violazione delle norme costituzionali tale da stravolgere i caratteri essenziali dell’ordinamento al fine di sovvertirlo con metodi non consentiti dalla Costituzione).
Nella storia repubblicana si è giunti in un solo caso alla richiesta di messa in stato d’accusa, nel dicembre ’91 contro il presidente Cossiga; il caso si chiuse con la dichiarazione di manifesta infondatezza delle accuse da parte del Comitato Parlamentare, peraltro giunta quando il settennato si era già concluso. Per i reati commessi al di fuori dello svolgimento delle sue funzioni istituzionali il presidente è responsabile come qualsiasi cittadino. In concreto, però, una parte della dottrina ritiene esista improcedibilità in ambito penale nei confronti del presidente durante il suo mandato; nel caso del presidente Oscar Luigi Scalfaro (sotto accusa per peculato), di fronte al suo rifiuto di dimettersi -vizio che quindi viene da lontano- e alla mancanza di iniziative da parte del parlamento, il processo fu dichiarato improcedibile.
Il PCI chiese formalmente per primo le dimissioni di Giovanni Leone, che egli stesso annunciò agli italiani il 15 giugno 1978 in un messaggio televisivo.