Lo Stretto di Hormuz, nella sua parte più assottigliata, è largo appena 22 miglia. 11 miglia appartengono all’Iran, e 11 all’Oman. Per quanto riguarda le aree limitrofe (l’entrata e l’uscita, per capirsi) c’è un po’ di discussione in corso, in quanto il diritto marittimo stabilisce che, qualora vi siano isole, le acque territoriali partano dalle isole e non dalla terraferma. Ne consegue che le isolette lì posizionate sono oggetto di diatriba mai risolta.
Non solo. Il diritto internazionale marittimo stabilisce che, nel passaggio di uno stretto, le navi mercantili godono di diritti inviolabili da parte dello Stato a cui appartengono le acque; persino le navi da guerra hanno diritto a mantenersi in stato di allerta, seppur monitorate da chi controlla lo Stretto.
Hanno ragione gli Stati Uniti, allora, a minacciare guerra contro chi ritiene di poter chiudere stretti a piacimento?
Qui arriva il paradosso divertente, che non manca mai. Ebbene: gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il diritto internazionale marittimo. Non è una legge che riconoscono. Perché diamine allora si sentono in diritto di ergersi a paladini?
Mah. C’è anche da considerare un ultimo dettaglio sullo Stretto di Hormuz, un dettaglio geografico. Sembra che le sue acque siano troppo poco profonde perché le petroliere possano agevolmente passare: si trovano costrette ad una specie di zigzag per pescare i fondali più alti. E indovinate da che parte si trova il fondale profondo, nella parte più piccola dello Stretto? Esatto: proprio nelle acque iraniane. (Fonte)