Cittadinanza negoziale (Mircea Meti) |
La cultura laica e liberale moderna ci ha autorizzato a pensare che ogni condizione storica, genetica, socio-economica, sessuale, religiosa non deve condizionare la vita a noi o ai nostri figli. L'eredità insomma non deve essere un peso. Tutte le condizioni di partenza, per faticose o sgradite che siano, non possono non essere cambiate. I figli dei nemici di ieri non sono ostracizzabili; chi nasce con un certo sesso può cambiarlo; chi porta una disabilità alla nascita (o posteriore) non può essere condannato ad una vita di segregazione; chi proviene da una famiglia appartenente ad una religione può convertirsi senza dover subire discriminazioni. Chi nasce povero, deve avere le stesse possibilità degli altri di ascendere la scala sociale. L'idea dello stato moderno è quella di garantire a tutti le stesse condizioni di partenza e la massima libertà di modificarle. A questo principio, conquistato con la Rivoluzione francese e l'Illuminismo, fa eccezione solo la cittadinanza. Gli stati liberali e democratici hanno fatto della cittadinanza insieme un diritto e vincolo non negoziabile. Si è cittadini per eredità, come diritto e come condanna. Per entrare a pieno titolo nella religione cristiana ci vuole una conferma scelta con la cresima nell'adolescenza. Per fare una coppia ci vuole un matrimonio, nella maggiore età. Si può votare solo dopo una certa età. La cittadinanza invece è imposta alla nascita, senza libera scelta. In età adulta, chi desidera cambiare religione, sesso, condizione familiare, reddito, persino il corpo (coi trapianti) può farlo, almeno in astratto. Chi desidera cambiare cittadinanza non può. Può emigrare, ma resta cittadino del Paese natale per decenni e, in certi casi, per sempre. La cittadinanza come diritto-dovere di nascita è un retaggio della servitù della gleba medievale. "La servitù della gleba, molto diffusa del medioevo (già colonato al tempo dei Romani), era una figura giuridica che legava i contadini ad un determinato terreno (gleba, in latino, è propriamente la "zolla" di terra). I servi della gleba coltivavano i fondi che appartenevano ai proprietari terrieri, pagando un fitto. Inoltre dovevano pagare le decime (qualora il proprietario facesse parte del clero o fosse un ente ecclesiastico) ed erano obbligati a determinate prestazioni di lavoro (corvées). I servi della gleba erano tali per nascita, e non potevano (lecitamente) sottrarsi a tale condizione senza il consenso del padrone del terreno." (da wikipedia) L'umanesimo prima e l'illuminismo poi ci hanno promesso la libertà di movimento, la libertà di scelta, la libertà di emanciparci dai vincoli alla nascita. Gli Stati moderni ci hanno insieme negato la libertà di muoverci fra essi (con le frontiere), e la libertà di scegliere la cittadinanza. Quello che è nato come diritto, essere cittadini, è diventato un obbligo irrinunciabile e non negoziabile. Lo stesso vincolo della "cittadinanza" esiste anche per i territori. Una città, una provincia, una regione sono condannate eternamente ad appartenere ad uno Stato, senza alcuna possibilità di scelta che non sia sanguinosa. Il richiamo alla Patria, alla storia, all'unità nazionale sono gli strumenti retorici usati per nascondere quello che altro non è se non un legame coatto e violento. Sono rari i casi recenti di separazione consensuale. Una volta che un territorio si inserisce, volontariamente o violentemente, in uno Stato, il legame viene considerato dallo stato come virtualmente eterno. Il primo paradosso di questa indissolubilità è che sussite anche nei casi (rari) di confederazione spontanea. I Cantoni svizzeri come gli Stati americani non avrebbero vita facile, anche se votassero all'unanimità di separarsi. Il secondo paradosso è che la "sacralità" dell'unità nazionale è un concetto che vale solo per gli Stati amici. Per gli Stati meno amici, tutte le separazioni sono accolte con entusiasmo. Il separatismo basco o corso sono demonizzati, quello tibetano applaudito. La secessione della Scozia è considerata una bestemmia, quella del Kosovo è riconosciuta e sostenuta dall'intera Europa. I separatisti ceneni vengono sterminati nel silenzio universale, invece il separatismo greco-cipriota è visto con simpatia (la Turchia non è tanto amica!). Fin quando il vincolo territoriale costituirà una servitù sia per i signoli che per le comunità, non potremo dire di essere entrati nell'Illuminismo: saremo solo la versione terminale della concezione feudale e imperiale. Dovrebbe essere possibile per gli individui accedere ad una cittadinanza
per scelta, oppure rifiutare l'acquisizione di ogni cittadinanza,
scegliendo l'apolidato. L'obiezione di come/dove saranno pagate le
tasse è speciosa. Le tasse possono essere pagate dove l'individuo
risiede e dove lavora. Il diritto al voto invece sarebbe esercitato
verso il Paese della cittadinanza, come già ora avviene per
i residenti all'estero.Esiste il precedente del passaporto Nansen.
Era un passaporto internazionalmente riconosciuto rilasciato dalla
Società delle Nazioni a profughi e rifugiati apolidi. Concepito
nel 1922 da Fridtjof Nansen, scienziato ed esploratore polare premio
Nobel per la pace, e concesso dal parlamento norvegese, nel 1942 era
riconosciuto dai governi di 52 paesi. In totale furono emessi circa
450.000 passaporti Nansen, che permisero a centinaia di migliaia di
persone apolidi l'emigrazione in un paese diverso da quello di origine.
Il principio del passaporto Nansen è stato ripreso dal documento
di viaggio descritto dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status
dei rifugiati. Dovrebbe anche essere possibile per ogni comunità territoriale negoziare la sua appartenenza ad un sopra-sistema limitrofo o anche lontano. Ancora oggi esistono territori coloniali o ev coloniali, legati ad una nazione lontana. Come esistono le Haway divenute parte degli Stati Uniti, senza avere alcun confine in comune, nel 1959. E come decine di altre situazioni simili (vedi qui).D'altronde il governo italiano ha deciso senza alcun referendum di appartenere all'Europa: perchè la Sicilia non potrebbe decidere di federarsi con la Spagna e il Piemonte con la Francia? Il richiamo al sacrificio dei padri verso l'unità nazionale è un mero espediente retorico. In primo luogo perchè quello che è stato fatto 50 o 100 o 200 anni fa andava bene per l'epoca e potrebbe non andare più bene oggi. In secondo luogo perchè il richiamo ai "padri" non ha ragione di essere più importante di quello ai "nonni" che magari sono morti per il legame con altre realtà territoriali. |