Progetto "Immateriale
2020" |
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La crisi in Italia andrà sempre peggio Malgrado la parola d'ordine dell'ottimismo e malgrado le misure palliative messe in campo dal regime italiota, la crisi in atto vedrà l'Italia uscirne tardi e molto male. Non è una previsione difficile perchè a cavallo fra il secondo ed il terzo millennio il pianeta è stato terremotato da due fenomeni concatenati (la globalizzazione e l'immaterialesimo) che l'Italia, gerontocratica, conservatrice e congelata da ideologie ottocentesche, non ha saputo fronteggiare. Non ci vuole tanta capacità profetica nel predire che:
L'Italia, priva di materia prime e di rendite coloniali, ha basato il suo sviluppo sull'industria manufatturiera, facendo partire il suo boom economico col sistema dei bassi salari e dell'emigrazione: lo stesso che oggi usano i Paesi emergenti. Di fronte alla doppia tenaglia dell'immaterialesimo e della globalizzazione, l'industria di trasformazione ha iniziato a morire. Il miope regime al potere dagli anni Ottanta ad oggi, ha creduto di poter resistere alla crisi iniettando creatività nel manufatturiero, ma oggi anche questo valore mostra la sua debolezza, perchè la creatività segue la manodopera ed i capitali che si muovono sul pianeta: i capi di moda "made in Italy" sono confezionati nelle Filippine ed i marchi sono posseduti da multinazionali che agiscono con capitali arabi o cinesi. Il regime avrebbe potuto fronteggiare l'ondata di cambiamento solo avviando una trasformazione radicale del sistema di crezione della ricchezza: dalla produzione manufatturiera sul mercato regionale, alla produzione immateriale sul mercato globale; da una produzione "labour intensive" ad una "creativity intensive".Una simile conversione produttiva avrebbe richiesto innovazioni profonde del sistema Italia, tradizionalmente ostile ai cambiamenti. Progetto "Immateriale 2020" Il passaggio da una produzione manufatturiera e regionale ad una immateriale e globale richiede un'innovazione del sistema degli aiuti dalle industrie di trasformazione delle cose alle industrie di creazione ed elaborazione delle idee. E' assurdo oggi sostenere industrie di automobili, motocicli, elettrodomestici, abbigliamento di serie, arredamento, quando è ormai chiaro che nel XXI secolo questi beni saranno prodotti dalla Cina, dalla Romania o dalla Corea. Come è assurdo sostenere il settore edile in un Paese in cui oltre l'80% dei cittadini è proprietario di una casa. Non si tratta di punire i settori obsoleti, ma di lasciarli al loro destino. Concentrando invece ogni sforzo per lo sviluppo di un nuovo modello di produzione della ricchezza. Il modello possibile per l'Italia del XXI secolo non può che essere quello dell'immaterialesimo.Il quale si basa sui beni e servizi che contengono un valore molto superiore a quello materiale. I beni e servizi materiali che quelli che assemblano materie prime e forza lavoro impersonale. La forza lavoro impersonale è quella che può essere rimpazzata da macchine o non ha particolari requisiti di accesso. I beni e servizi immateriali sono quelli che non contengono materie prime (o ne usano quantità insignificanti come supporto) e derivano da un lavoro molto personale, cioè non rimpiazzabile da macchine e con particolari requisiti di accesso. La differenza è evidente, tanto per fare un esempio, fra l'automobile e il libro. La prima è un insieme di materie prime assemblate da operai ampiamente sostituibili da automi o da altri operai. Anche l'automobile contiene un valore immateriale dato dalla progettazione, dalla marca, dall'estetica, ma il valore del materiale contenuto supera vistosamente il valore dalle parti immateriali. Il secondo (il libro) si basa su un supporto materiale di costo modesto, che può anche sparire come nel caso di un libro elettronico, ed il suo valore è dato dall'autore che è unico, insostituibile ed inimitabile. Il valore dell'automobile è poco maggiore del costo incorporato; il valore del libro è potenzialmente infinitom a fronte di un costo vicino allo zero. I beni materiali si consumano, i beni immateriali no. Le materie prime si esauriscono e diventano rare e costose, i manufatti si deteriorano. Il consumo di beni immateriali è quindi limitato nella quantità e nel tempo. I beni e servizi immateriali non si consumano, quindi il loro uso è potenzialmente illimitato nella quantità e nel tempo. Un mobile d'arredo consuma la materia prima che è il legname, consuma energia nel processo di fabbricazione, e si deteriora col tempo. Oggi i mobili fatti con certi legnami sono costosissimi per la rarità della materia prima. Una musica ha origine nell'ispirazione e nella genialità, materie prime potenzialmente illimitate; non si consuma coll'uso, non aumenta nè diminuisce il suo valore col tempo. I beni ed i servizi materiali richiedono forti quantità di materie prime (quindi di capitali) e di manodopera, e questi due fattori giocano contro i Paesi come l'Italia, che è priva di materie prime e ha una manodopera di costo elevato. La globalizzazione consiste nel movimento libero dei capitali e della manodopera, per cui è inevitabile che la ricchezza futura vada nelle mani dei Paesi che hanno abbondanza dei primi o e della seconda. Un'automobile si può costruire a minor costo in India, una grande fonderia può operare in Italia con capitali arabi o cinesi. I beni ed i servizi immateriali non richiedono materie prime nè capitali. Richiedono intelligenza e sensibilità, bellezza, creatività. Valori la cui produzione non dipende dalla quantità di capitali o di manodopera, ma la cui fruizione può essere globalizzata. La produzione immateriale di ricchezza può sottrarsi al movimento libero dei capitali e della manodopera, ma può beneficiare del movimento libero dei prodotti e servizi. Un tramonto davanti al Duomo di Orvieto si può solo vedere ad Orvieto, e questa "visione" si può vendere in ogni parte del mondo senza consumarla. Cambiare il modello di produzione della ricchezza dal materiale all'immateriale richiede un investimento dello Stato verso tutti i processi di creazione di valore immateriale ed un disinvestimento da tutte le imprese che creano valore materiale. Nulla vieta che fra queste ultime, molte riescano a prosperare in particolari nicchie territoriali o produttive. Ma la cultura nazionale e lo Stato devono concentrarsi sulle prime. I settori che creano valore immateriale sono infiniti, ma possiamo elencarli in macro-categorie, ciascuna delle quali comprende decine di settori e centinaia di nicchie:
Ammortizzatori sociali Il passaggio da un'economia materiale ad una immateriale richiede cambiamenti epocali soprattutto nella forza lavoro. Milioni di lavoratori sono destinati a perdere il posto di lavoro, nel breve termine, o a cambiarlo. Migliaia di imprese sono destinate a chiudere. Milioni di immigrati dovranno essere integrati. Tutto questo non avviene senza pesanti e capillari ammortizzatori sociali, in assenza dei quali una metamorfosi epocale si può trasformare in una tragedia. Questi ammortizzatori, che possono anche essere considerati come transitori, sono:
Dove trovare i soldi per gli ammortizzatori Gli ammortizzatori sopraindicati hanno certamente un costo. Questo costo in parte viene contenuto dai benefici all'economia nazionale che gli stessi ammortizzatori portano, in parte invece da una diversa impostazione delle attuali logiche economiche. Un buon padre di famiglia, dovendo distribuire il proprio reddito fisso, toglie la parte delle spese indispensabili (come l'affito, le bollette, l'alimentazione) e destina la parte restante secondo un criterio di necessità o importanza. Lo Stato non ragiona così: toglie la parte delle spese dell'anno precedente, e destina il restante cercando un equilibrio fra le spinte delle infinite lobbies. La trasformazione verso un Evo Immateriale richiede il passaggio dalla logica dello Stato alla logica del buon padre di famiglia. Dal bilancio statale si accantonano i soldi per finanziare gli ammortizzatori sociali, e quello che rimane può essere devoluto alle spese di gestione dello Stato ed a quelle che soddisfano le lobbies. Tuttavia, potrebbero non essere sufficienti le risorse dello Stato in una fase transizionale di crisi verso la piena trasformazione del sistema produttivo. Ecco allora come recuperare nuove risorse:
Mircea Meti, marzo 2009 |